A metà del ‘900 nasce a Lucera Vincenzo Vecchiarino, assecondato nella creatività dalla madre Maria e dal Padre Gennaro, attivista culturale; qui, prima di farsi rapire da Firenze, sfoga il suo estro, lasciando spesso esterrefatti gli spettatori, specialmente attraverso le opere realizzate con la penna biro.
“Il signor Bic è stato un genio” ripeteva spesso l’artista.
Da quel volto di Cristo così vero all’ultima opera realizzata, una rosa fatta di cerchi concentrici, l’autore impressiona per l’uso continuo della sfera, che unisce più punti, per fermarsi solo all’ultimo della creazione.
Ispirato dal canto di Edith Piaf e dal cinema di Kubrick; vedere e respirare le sue opere, anche con una produzione commissionata da Playboy, è illuminante. Di Vecchiarino resta una visione immaginifica del mondo, di cui si svela il buio e la luce.
Alessandro Salvatore
Lavorava soprattutto con la biro, a volte anche dopo cena prendeva una penna e iniziava a disegnare. In tutto quello che faceva ricercava la perfezione, era ossessionato dal dettaglio e dal particolare, infatti impiegava molto tempo per le sue opere. Già dal primo tratto sembrava sapere esattamentre cosa fare venire fuori.
Dava un’anima ai suoi disegni, c’è qualcosa in essi che li rende vivi. Disegnava come Enzo Vecchiarino e solo lui sapeva fare quelle cose.
Ogni tanto si faceva vedere. Con gli amici, come nella sua arte, era silenzioso ma molto espressivo. Bastava uno sguardo o una frase per dire tutto.
Aurelio Catapano
La sua pittura era di una qualità eccelsa, schivo umbratile solitario aveva invece scritto pagine di grande efficacia espressiva. Non attinse da scuole o movimenti le linee della sua arte e della sua capacità innata, non aveva artisti e scuole di riferimento, ma ottenne una maestria e un’originalità invidiabili. Il suo tratto era inconfondibile, personalissimo.
Aveva trovato nei volti degli uomini la varietà del mondo, aveva dissacrato il sacro e santificato il peccato.
Giuseppe Trincucci